Finestrella
aperta sull’Amministrazione comunale: NON TUTTI SANNO CHE…
In data 14 febbraio 2009, il Consiglio Comunale di
Pompiano in carica, approvava il Piano di Governo del Territorio
(PGT), mediante il quale veniva definito per gli anni a venire un
certo programmato assetto urbanistico del territorio del nostro
Comune, in ottemperanza alla Legge Regione Lombardia n. 12 del
11.3.2005.
Nell’ambito di quel PGT era stata individuata un’area
di circa 65.000 mq (posta al termine di via Mulino) che, nei
programmi della precedente Amministrazione comunale, doveva essere
destinata alla realizzazione di una struttura socio-sanitaria e
socio-assistenziale (per esempio: residenze per anziani, con tanto di
assistenza di personale qualificato), punto di riferimento anche per
i Comuni circostanti o comunque prossimi.
Tale intervento avrebbe comportato un’edificazione
massima limitata a 5.000 mq di superficie coperta (se la costruzione
veniva effettuata su tre piani, oppure di 7.500 mq se realizzata su
due piani), mentre la restante area sarebbe rimasta destinata a
verde, ben gestito, quale arricchimento urbanistico della suddetta
struttura.
La realizzazione dell’opera era stata posta a carico
della Banca di Credito Cooperativo di Pompiano e della Franciacorta,
nell’ambito degli interventi a favore del territorio di riferimento
previsti dallo Statuto e dalle finalità istituzionali della stessa
Banca.
Per consentire tale iniziativa, la Banca provvedeva ad
acquistare dei terreni per complessivi 90.000 mq circa, che però,
essendo al momento ancora destinati ad uso agricolo, richiedevano una
variazione di destinazione urbanistica. Pertanto, l’Amministrazione
comunale procedeva, per parte sua, a modificare opportunamente la
destinazione di 65.000 mq di terreni, da area agricola ad area
destinata alla realizzazione di strutture socio-sanitarie e
socio-assistenziali (codice S3sp), in occasione dell’approvazione
del nuovo PGT del 2009, senza addebito alcuno di oneri di conversione
in capo alla Banca, quale contropartita dell’obbligo di
edificazione assunto dalla stessa Banca. La restante parte di 25.000
mq rimaneva invece sempre destinata a parco verde.
La gestione della struttura sarebbe stata poi affidata
ad una fondazione, da costituire ad opera del Comune, della Banca e
di tutti i Comuni limitrofi interessati all’offerta di servizi
socio-sanitari e assistenziali accentrati, con riflessi occupazionali
di tutto rispetto, alla quale sarebbe stata altresì ceduta la
proprietà del complesso immobiliare che sarebbe stato costruito.
La finalità condivisa tra il Comune e la Banca era
quella di assicurare al nostro paese e alla zona circostante una
struttura e una serie di servizi di carattere socio-assistenziali per
rispondere alle nuove necessità della collettività che, tra
l’altro, si trova e si troverà sempre più in futuro a dover fare
i conti con l’invecchiamento della popolazione. E guarda caso, per
esempio, l’ausilio delle “badanti” nel nostro paese è già
significativo.
Gli impegni assunti dalla Banca
(costruzione della specificata struttura) e dal Comune (cambio di
destinazione urbanistica) venivano messi nero su bianco in un Atto
unilaterale d’obbligo, regolarmente registrato presso l’Agenzia
delle Entrate alla vigilia dell’approvazione del nuovo PGT. In esso
veniva altresì stabilito che nel caso in cui la Banca non avesse
provveduto alla costruzione del complesso socio-sanitario e
assistenziale in questione nei successivi cinque anni,
l’Amministrazione Comunale avrebbe avuto libera facoltà,
decorso il quinquennio dall’approvazione del PGT, di ripristinare
totalmente o parzialmente la precedente destinazione urbanistica
delle aree acquistate dalla Banca, riportandole cioè all’originaria
natura agricola. Il che è assolutamente logico, non avendo incassato
alcun onere di conversione e non essendo stata realizzata l’opera
prevista.
Ebbene, di quel progetto non se ne farà più nulla, con
grave discapito per la nostra comunità, che non disporrà più di
una struttura e di una serie di servizi di grande utilità. Le
ragioni per le quali sia stato abbandonato un progetto così
interessante, sia sotto il profilo sociale che occupazionale, ci sono
ignote. Ogni chiarimento in proposito risulterà gradito e ancor
prima opportuno.
Ma non è tutto.
Si consideri che l’attuale Amministrazione comunale,
nella seduta Consigliare del 30 aprile 2012 ha deliberato delle
varianti al PGT approvato nel 2009, in virtù delle quali l’area di
proprietà della Banca (i 65.000 mq, per intenderci) destinata alla
costruzione dell’opera in questione, viene destinata ad “ambito
produttivo polifunzionale di trasformazione” (codice D2), anziché
riportarla ad uso agricolo come previsto dall’atto sottoscritto a
suo tempo tra Comune e Banca.
Inoltre, un’altra area, di circa 6.900 mq, collocata
lungo la statale che porta fuori paese, direzione Orzivecchi, di
proprietà di un privato, è stata convertita da area verde ad area
per “ambito produttivo polifunzionale esistente” (codice D1). Per
quest’ultima variante, la proprietà dell’area si è impegnata ad
eseguire “opere pubbliche” (opere di urbanizzazione o di servizi
o attrezzature pubbliche, ecc.) per un valore di circa 620.000,00
euro. In altri termini, per beneficiare di tale variazione, a conti
fatti la proprietà dovrà sostenere un costo di circa 90 euro al mq.
(620.000 / 6.900).
Torniamo ancora alla variante concessa dal Comune alla
Banca. Il mutamento di destinazione (del tutto analogo a quello
dell’area appena descritto) consentirà una cementificazione fino a
32.500 mq di superficie piana, per la costruzione di capannoni e in
cambio la Banca dovrà corrispondere al Comune la somma di euro
1.500.000,00 che nelle intenzioni dell’Amministrazione comunale
sarà destinata al recupero della Cascina Navoni, oltre a cedergli
gratuitamente i restanti 25.000 mq di area agricola, che nei progetti
del Comune potrebbe essere destinata alla costruzione di un centro
sportivo polivalente, il cui valore storico per la Banca risulta pari
a circa 615.000 euro, stante il costo al metro quadro sostenuto a suo
tempo per l’acquisto dell’intera area agricola.
Ora, se anche alla Banca fosse stato richiesto un onere
di conversione analogo a quello sostenuto da un privato per l’intera
area (vedi sopra), il Comune avrebbe dovuto incassare una somma di
circa 5.850.000,00 euro (65.000 x 90 € mq) e dunque molto di più
di quello che andrà effettivamente ad incamerare, pari a euro
2.115.000,00 (1.500.000 + 615.000) tra risorse finanziarie e terreno
agricolo.
La differenza non è da poco e a prima vista si direbbe
che l’affare l’abbia fatto la Banca, la quale in un colpo solo si
è liberata da un obbligo assunto a suo tempo (costruzione di un
centro socio-sanitario e assistenziale e partecipazione all’ente
per la gestione dell’opera e dei servizi connessi) e si ritrova
nella possibilità di monetizzare un’area acquistata come agricola,
convertita a ben altro uso e di ben altro valore.
Nell’ottica della Banca l’operazione non fa una
piega, se non consideriamo però le finalità istituzionali a cui
essa, per Statuto, è chiamata a perseguire.
Dal punto di vista della collettività, invece, ci
sembra proprio che l’Amministrazione comunale non abbia fatto, per
niente, l’interesse dei cittadini. Con buona pace per le tasche dei
pompianesi, che oltretutto verosimilmente non avranno mai più la
possibilità di dotarsi di una struttura socio-sanitaria e
assistenziale e di servizi di notevole vantaggio per la nostra
collettività e per quelle a noi prossime.
Sull’utilità poi degli eventuali interventi
programmati (Cascina Navoni, eventuale centro sportivo) lasciamo ai
cittadini valutarne la necessità o anche soltanto l’opportunità.
In particolare, quanto a strutture ludico-sportive,
bisognerebbe considerare quelle già esistenti, siano esse pubbliche
o private (per esempio: due campi di calcio, una palestra comunale,
una nuova palestra comunale più piccola in fase di realizzo in via
Ungaretti, una palestra privata con piscina, bocciodromo e campi da
tennis) e soprattutto esaminare con grande attenzione i costi da
sostenere per la realizzazione prima e poi per la gestione e
manutenzione delle stesse, che ovviamente graveranno in un modo o
nell’altro sulle tasche di tutta la cittadinanza.
Morale: con il cambio di orientamento
dell’Amministrazione comunale si è rinunciato ad avere un polo di
grande utilità sociale, si incassa molto meno del dovuto e viene
consentita una cementificazione del suolo spropositata per avere
altri capannoni. Quelli che già ci sono e vuoti probabilmente non
bastano.
Per chiudere... Non tutti sanno che c’è un fabbricato
che da tempo è stato acquisito al patrimonio immobiliare del Comune,
ma che fino ad ora è come se non ci fosse. Ci riferiamo al
fabbricato un tempo di proprietà del signor Maninetti Severino,
situato in prossimità della sede municipale.
La precedente Amministrazione Comunale aveva dato
l’avvio a tutte le procedure di sgombero del fabbricato in modo da
poterlo mettere opportunamente a frutto per le necessità della
comunità.
A distanza di tre anni dal suo insediamento, l’attuale
Amministrazione non è stata ancora capace di prenderne possesso e di
organizzare una qualche destinazione pubblica del medesimo
(ambulatori medici di base, ambulatorio pediatrico, consultori,
ecc.).
Ci si chiede come mai stia indugiando tanto, tenuto
conto che essa è chiamata ad amministrare la cosa pubblica e
nell’interesse pubblico. In compenso si preoccupa di sistemare la
Cascina Navoni, spendendo le risorse che arriveranno dalla Banca di
cui abbiamo fatto cenno sopra e sempre che siano sufficienti allo
scopo.
Ecco, anche in questo caso si poteva fare di più e di
meglio, cominciando col valorizzare il fabbricato “ex Maninetti”,
pronto all’uso, senza perciò il bisogno di spendere le risorse,
notevolmente incongrue, recuperate con il cambio di destinazione
d’uso dell’area di proprietà della Banca.
Ai cittadini, con spirito libero valutare i fatti.
M.M.